Immagina Ussita, tra vent’anni
Immagina Ussita, tra vent’anni

Immagina Ussita, tra vent’anni

A dicembre 2020 siamo stati invitati dal Forum Disuguaglianze Diversità a svolgere una riflessione sul territorio che abitiamo, su come vogliamo e possiamo immaginare Ussita e i paesi limitrofi tra vent’anni. Da desideri condivisi, suggestioni da altrove e semi già piantati è nato un testo, frutto di una scrittura corale. In seguito, abbiamo pensato di associare questo testo ad un video che avevamo realizzato per “Il paese di Adesso”, una call lanciata dallo poeta paesologo Franco Arminio. L’idea di integrare le immagini di quel video con il testo “Ussita tra vent’anni” ci è piaciuta: tra presente e futuro, racchiude il punto di partenza e la direzione verso cui vorremmo andare.

È il 2036 e sono passati vent’anni dal terremoto che ha colpito Ussita, Visso e Castelsantangelo. Le abitazioni sono state ricostruite e i ladri sono stati buttati via a calci. Al posto delle casette sono tornati i prati, o ci vivono famiglie con basso reddito. Gli spazi pubblici sono curati dai cittadini.

Ci sentiamo al sicuro qui e conviviamo finalmente con il terremoto perché ci sono prevenzione e educazione. In caso di disastro, tutti sanno come muoversi e cosa fare. Tutti sono sempre al corrente dei rischi.

In questi anni si sono trasferite qui diverse famiglie, anche straniere. Sono nati bambini e bambine. E con loro una scuola di montagna, dove il contesto di apprendimento è la natura. Piante, animali, antichi mestieri, tradizioni, ma anche innovazione e nuove tecnologie compatibili con l’ambiente. Si impara dal passato, guardando il futuro. Accanto alla scuola è nato un orto botanico per la cura di generazioni vegetali. Il centro faunistico è aperto e abbiamo imparato a convivere con i selvatici: li rispettiamo e ci occupiamo di loro. La tutela della biodiversità è diventata valore e lavoro.

C’è una medicina di prossimità, con tanti specialisti al servizio delle aree interne. Gli anziani si sentono protetti. La mobilità tra i Comuni è dinamica, capillare, integrata. Il trasporto è diventato più pubblico che privato, l’uso dell’auto viene scoraggiato e in tanti usano bus elettrici, bike e car sharing. Abbiamo energie rinnovabili e pulite: acqua e sole qui non mancano mai.

Insieme alle case sono tornati gli orti. Sono naturali, seguono la rotazione delle colture e oggi si può acquistare direttamente dai produttori: le filiere sono corte. Nessuno usa concimi che danneggiano il territorio, perché il territorio siamo noi.

I giovani hanno aziende che integrano agricoltura, allevamento, innovazione e sostenibilità ambientale. C’è chi recupera semi antichi, chi vive in una fattoria didattica, chi si prende cura del bosco, anche tramite usi civici e oneste comunanze agrarie. I camini si sono accesi di nuovo. Il turismo è responsabile, i camminatori arrivano in tutte le stagioni. Nascono legami, amicizie: chi viene ritorna. Quando nevica – non granché… – la valle si riempie di ciaspole, ramponi, piccozze, sci e pelli. Ma le persone vengono qui anche senza neve. Il palazzetto del ghiaccio attrae famiglie e professionisti. Ci sono eventi tutto l’anno e si sono sviluppati nuovi tipi di turismo: studenti di geologia vengono per la faglia Bove-Vettore. Sono nati progetti artistici e percorsi per disabili. C’è persino un eco-museo.

Il risultato più importante è che il territorio ha una sua indipendenza: non ha bisogno di speculatori o investimenti dall’alto per decidere come utilizzare le sue risorse o come vuole vivere. È chiaro a tutti che siamo uniti. La qualità della vita è migliorata… anche meglio di prima in realtà! E ci siamo arrivati lavorando e sognando tutti insieme.

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